I primi abitanti stanziali del territorio di Torre Boldone potrebbero risalire al neolitico. A questo periodo, infatti, risalgono le tracce di palafitte trovate nei paesi vicini, simili al nostro per conformazione; questo fa ipotizzare con una certa sicurezza la presenza di insediamenti simili anche nel nostro territorio. I ritrovamenti più antichi sul nostro comune riguardano la zona della Calvarola, ma solo intorno al V secolo a.C. troviamo tracce di insediamenti certi.
All’epoca tutto il territorio era occupato da boschi e selve e attraversato da un sentiero tra l’attuale zona di San Martino Vecchio e il paese di Gorle: da lì si poteva raggiungere Bergamo provenendo dalla Valle o viceversa. Un sentiero, quindi, ma di grande importanza; e proprio a ridosso di questa direttrice sorgono le prime abitazioni. Con l’arrivo dei romani, che trovano a Bergamo un villaggio in posizione favorevole, le cose cambiano: nasce, di fatto, la città, che è Municipium, quindi gode di tutti i diritti: nasce la città in muratura, viene cinta da mura per proteggerla, il territorio circostante viene adeguatamente rivalutato. A Torre Boldone l’antico sentiero che aveva visto sorgere le prime abitazioni si trasforma, diventando quella che è conosciuta come la “via rubra”, che assume presto un’importanza strategica. Infatti collega Bergamo con Alzano, poi si biforca e prosegue verso la Valle Seriana o, attraverso il valico di Monte di Nese, l’alta Valle Brembana. Il nostro villaggio cresce e presto si trasforma in una grossa borgata, citata anche nei documenti storici risalenti alla fine dell’impero romano.
A questo periodo florido e favorevole succede un secolo di invasioni barbariche, che provocano distruzioni, incendi, stragi, con conseguenti carestie e pestilenze. Spesso gli abitanti fuggono, lasciando tutto, e cercano rifugio dentro le mura della città; quando anche questa viene occupata, chi può cerca rifugio sulle montagne. Questo si ripete più volte e all’arrivo dei Longobardi, Bergamo e il suo territorio sembrano una landa desolata e distrutta: del nostro paese non rimane nulla, I Longobardi si stanziano a Bergamo città e nella provincia, creando anche due “curtis regiae”; affiancandosi agli abitanti superstiti e mantenendo quel poco che era rimasto della città romana, questo popolo getta le basi di quello che siamo oggi, per quanto riguarda la popolazione, i costumi e la lingua; ancora oggi, molti toponimi richiamano l’idioma di questa popolazione, che ritroviamo in parte anche nel nostro dialetto. All’arrivo dei Franchi di Carlo Magno, nel 774, il territorio bergamasco è una realtà bene organizzata, con una città completa, efficiente, cinta da mura sicure e dintorni altrettanto organizzati. Con i Franchi il nostro territorio vive una nuova rinascita. Carlo Magno concede ai Canonici di San Martino di Tours il diritto alle decime.
E’ proprio in questo periodo che sorge, nel nostro paese, la prima chiesa. Probabilmente era una cappella, dedicata proprio a San Martino e ubicata dove oggi si trova la chiesetta detta “di San Martino vecchio”. Nell’847 viene redatto un documento ufficiale nel quale viene citato, per la prima volta, il nome del nostro paese, che successivamente sarà citato molte altre volte, in documenti sempre più numerosi. Nel Medioevo Torre Boldone è, a tutti gli effetti, parte della città di Bergamo. Questa era divisa in “vicinie” e il nostro paese apparteneva a quella dedicata a San Lorenzo, che faceva capo ad una chiesa situata in città alta (nella zona in cui oggi sorge la Porta Garibaldi) e distrutta per la costruzione delle mura venete. La vicinia iniziava dalla “Torre di gombito”, proprietà di una famiglia importante, quella dei De’ Zoppi, strettamente legata col nostro paese. Giorgio De’ Zoppi è forse il personaggio chiave della nostra storia. Nel 1342, infatti, egli risiede con la moglie Anexina, sposata in seconde nozze, nella sua casa situata in via Imotorre.
Al momento di fare testamento, egli stende un documento importantissimo per noi, perchè ci presenta il territorio com’era a quel tempo e destina del denaro per “dotare” la chiesa di San Martino di Torre, garantendo il mantenimento di “due sacerdoti e due chierici”. Nel testamento egli stabilisce inoltre che alla sua morte “un pezzo di terreno con casa, portici, aia e corte” passi in proprietà alla moglie nel caso che questa decida di farsi monaca. Questo episodio segna la nascita del Monastero di “Santa Maria di Torre”, con l’annessa chiesa; il complesso oggi è inserito all’interno dell’Istituto Palazzolo di via Imotorre e rappresenta il monumento più prezioso ed importante del nostro paese. l periodo delle Signorie, con le crudeli, continue lotte tra guelfi e ghibellini, porta di nuovo lutti e distruzioni; nel 1399 viene emessa l’ordinanza per la popolazione di abbandonare il paese; lo stesso accade in molti altri paesi, come Scanzo, Rosciate, Brusaporto e altri. Torre, di parte guelfa, viene quasi completamente distrutta. La pace torna con l’arrivo di Venezia: la dominazione veneta regala alla città e al territorio di Bergamo nuova serenità e prosperità. Non mancano, comunque, periodi neri, come le carestie e le pestilenze che si succedono per molto tempo, decimando la popolazione.
Con la peste del 1630, famosa per Vecchio angolo di Via Montegrappa la descrizione che ne fa il Manzoni nei “Promessi Sposi”, muore oltre la metà degli abitanti di Torre Boldone. Per evitare il contagio, ma anche perchè non era possibile fare diversamente, i morti di peste vengono sepolti in una grande fossa comune, nella località Ronchella. Proprio lì, ancora oggi, sorge la chiesetta chiamata “dei mortini” in ricordo di tutte le vittime di quella pestilenza. Subito dopo inizia, per tutto il territorio della bergamasca, un periodo di rinascita davvero forte: solo 15 anni dopo la peste, gli abitanti erano tornati al livello precedente, a Bergamo come nel nostro paese. Nel secolo successivo raddoppieranno addirittura, grazie anche ad un enorme cambiamento a livello economico e produttivo: si inizia a sfruttare l’acqua del Serio e dei canali, a beneficio dell’agricoltura ma anche per la nascita dei mulini, delle fornaci, dei magli che crescono sul nostro territorio. Occorre attendere fino al 1700 per vedere nascere la prima scuola a Torre; nel 1739 ha inizio la costruzione della nuova chiesa parrocchiale, in posizione più centrale rispetto a tutte le “frazioni” sparse sul territorio.
Ancora periodi difficili si avranno alla fine della dominazione veneta (1797), con la Repubblica Cisalpina e, poi, con il susseguirsi, con fasi alterne, delle dominazioni francese e austriaca. Sono proprio i francesi a sopprimere i conventi, a confiscare le chiese e i loro tesori; nel 1801, ancora i francesi istituiscono la “leva” e la tassazione, entrambe obbligatorie. Alla fine della dominazione francese inizia un lento ritorno alla normalità.. .e il resto è storia di oggi. Rosella Ferrari Bibliografia: - “Tor Boldon e” di Luigi Cortesi - “Storia di Bergamo e dei bergamaschi” di B. Belotti - “Bergamo” di A. Fumagalli
Con il documento della Presidenza del Consiglio dei Ministri del 25 ottobre 1950, il Presidente della Repubblica, Luigi Einaudi, concesse al Comune di Torre Boldone, che ne aveva fatta richiesta, uno stemma e un gonfalone; di entrambi venne data precisa descrizione, che riportiamo, ritenendola un documento importante. “Stemma troncato nel 1° trinciato" a) d’azzurro al colombo d’argento, imbeccato e membrato di rosso, coronato d’oro alla base del collo; b) d’argento pieno; nel secondo di rosso alla torre murata al naturale, merlata alla ghibellina, aperta e finestrata, accostata ai lati dalle lettere S.M. Ornamenti esteriori da Comune. Gonfalone: drappo partito di rosso e d’azzurro, riccamente ornato di ricami d’argento e caricato dello stemma sopradescritto, con l’iscrizione centrata in argento: Comune di “Torre Boldone". Le parti di metallo ed i cordoni saranno argentati. L’asta verticale sarà ricoperta di velluto dai colori rosso e azzurro con bullette argentate poste a spirale. Nella freccia sarà rappresentato lo stemma del comune e sul gambo inciso il nome. Cravatta e nastri tricolorati dai colori nazionali frangiati di argento.”